Navà ensemble - la nuova tradizione persiana
il gruppo è composto da:
Pejman Tadayon: târ, bamtâr, setâr, oud, robab, voce
Martina Pelosi: voce
Reza Mohsenipoor: târ, bamtâr
Hamid Mohsenipoor: tombak
Paolo Modugno: daf, dayereh, dohol
foto di Franco Mapelli
note sugli strumenti musicali:
Il setâr, appartiene alla famiglia dei liuti lunghi, possiede una cassa di risonanza a forma di pera e un manico stretto e lungo; è tastato con legature mobili in budello animale, opportunamente regolate secondo le scale usate. Si usa solo l’indice della mano destra per eccitare le corde, come per il sitar indiano, che ha la stessa derivazione etimologica. Infatti le parole se’-târ, in farsi, letteralmente significano tre-corde. Una quarta corda è stata aggiunta a raddoppiare la terza nei primi anni del secolo scorso per ottenere un suono più ricco di armoniche.
foto di Franco Mapelli
Il târ è il liuto più importante della musica persiana. Possiede tre cori doppi di corde che insistono su un ponticello di corno appoggiato sopra un piano armonico in vescica animale. Il piano, a sua volta, è incollato su una cassa di risonanza dalla tipica forma a doppio cuore, scavata in un blocco di gelso massello. Il manico è tastato come il setâr, e le corde vengono pizzicate con un piccolo plettro d’ottone (mezrab).
Il bamtâr è una variante moderna del târ, con le corde più spesse, accordate un’ottava più bassa.
Il robâb, è forse lo strumento più curioso: è formato da una cassa acustica in massello
molto grande e profonda, a forma di barca, ricoperta di pelle animale sul lato del piano
armonico, con un manico tastato, corto e largo, su cui insistono tre corde. E’ inoltre
munito di una serie di corde simpatiche, come negli strumenti a corda dell’area indiana.
Oggi è alquanto in disuso in Iran, a parte nel Balucistan, ma molto diffuso in
Afghanistan, dove è considerato lo strumento nazionale.
Secondo molti studiosi il sarod indiano sarebbe derivato dal robâb.
Il tombak è un tamburo a calice in legno massello
scavato, ricoperto da una membrana posta sulla
circonferenza più larga. E’ usato soprattutto nell’ambito
della cosiddetta “musica d’arte” persiana. Viene suonato
con tutte le dita di entrambe le mani grazie ad una
tecnica estremamente complessa e raffinata.
Il daf, tamburo a cornice di grandi dimensioni, munito di più
file di leggeri anelli d’ottone (zanjir), disposti nella parte
interna del cerchio, che, allo sfioramento della pelle, e al
rimbalzo su di essa, contribuiscono alla sua ricchezza timbrica.
Viene tenuto parallelamente al corpo, in continuo movimento tra il petto e la testa, e suonato con entrambe le mani, che contemporaneamente lo tengono in equilibrio.
Il dayeréh, più piccolo del daf, possiede una sola fila
d’anelli che vibrano sottilmente senza toccare la pelle.
La tecnica usata è una via di mezzo tra quella del tombak
e quella del daf.
Il dohol è un tamburo a doppia membrana suonato
con due bacchette diverse. E’ diffuso in tutta l’area
d’influenza Ottomana, dal Marocco, all’India,
passando per i Balcani.
per ascoltare i brani dall’album Hilat pubblicato da Finisterre:
foto di Maurizio Malabruzzi
Hilat (P.Tadayon)