Navà ensemble - la nuova tradizione persiana

 
Navâ è il nome di uno dei sette modi principali della musica persiana e in lingua farsi significa “suono”. Dai sette modi principali, dastgâh, di cui molti con intervalli non temperati, ne derivano altri cinque, âvaz, che creano nell’esperienza dell’ascolto, ognuno di essi, uno stato d’animo particolare. 
Come in altri paesi, anche in Iran coesistono importanti tradizioni musicali locali, legate strettamente alle innumerevoli etnie che compongono il grande puzzle iraniano (persiani, turchi-azeri, kurdi, armeni, baluci, turkmeni, arabi del golfo, ecc).
Esiste poi una “musica d’arte“ nazionale, nata nelle corti delle grandi città, che si è sviluppata nel corso dei secoli assimilando nel proprio seno e rielaborando i vari influssi “etnici” dell’area d'influenza persiana, arrivando a costituire una vera e propria tradizione classica complessa: il radif. 
Il radif a sua volta ha finito per influenzare le musiche locali, arricchendole di nuove sonorità e tecniche esecutive.

In questo contesto, a metà strada tra la tradizione classica e quella delle musiche popolari iraniche, si situa il lavoro dell’ensemble Navà; sulla re-interpretazione della musica tradizionale fatta attraverso composizioni originali, che attingono, però, a piene mani dalla letteratura musicale colta e popolare e dal repertorio dei Tasnif, brevi poemi musicati.
                                                                                                                                                  scarica la presentazionemusica_persiana_files/Ensemble%20Nava%CC%80-presentazione.pdf

il gruppo è composto da:


Pejman Tadayon: târ, bamtâr, setâr, oud, robab, voce

Martina Pelosi: voce

Reza Mohsenipoor: târ, bamtâr

Hamid Mohsenipoor: tombak

Paolo Modugno: daf, dayereh, dohol

foto di Franco Mapelli

note sugli strumenti musicali:


Il setâr, appartiene alla famiglia dei liuti lunghi, possiede una cassa di risonanza a forma di pera e un manico stretto e lungo; è tastato con legature mobili in budello animale, opportunamente regolate secondo le scale usate. Si usa solo l’indice della mano destra per eccitare le corde, come per il sitar indiano, che ha la stessa derivazione etimologica. Infatti le parole se’-târ, in farsi, letteralmente significano tre-corde. Una quarta corda è stata aggiunta a raddoppiare la terza nei primi anni del secolo scorso per ottenere un suono più ricco di armoniche.











                                                                                                       

foto di Franco Mapelli


Il târ è il liuto più importante della musica persiana. Possiede tre cori doppi di corde che insistono su un ponticello di corno appoggiato sopra un piano armonico in vescica animale. Il piano, a sua volta, è incollato su una cassa di risonanza dalla tipica forma a doppio cuore, scavata in un blocco di gelso massello. Il manico è tastato come il setâr, e le corde vengono pizzicate con un piccolo plettro d’ottone (mezrab).

Il bamtâr è una variante moderna del târ, con le corde più spesse, accordate un’ottava più bassa.









                                                                                                                   


   


     Il robâb, è forse lo strumento più curioso: è formato da una cassa acustica in massello

    molto grande e profonda, a forma di barca, ricoperta di pelle animale sul lato del piano

    armonico, con un manico tastato, corto e largo, su cui insistono tre corde. E’ inoltre    

    munito di una serie di corde simpatiche, come negli strumenti a corda dell’area indiana.

    Oggi è alquanto in disuso in Iran, a parte nel Balucistan, ma molto diffuso in

    Afghanistan, dove è considerato lo strumento nazionale.

    Secondo molti studiosi il sarod indiano sarebbe derivato dal robâb.









Il tombak è un tamburo a calice in legno massello

scavato, ricoperto da una membrana posta sulla

circonferenza più larga. E’ usato soprattutto nell’ambito

della cosiddetta “musica d’arte” persiana. Viene suonato

con tutte le dita di entrambe le mani grazie ad una

tecnica estremamente complessa e raffinata.









                                             Il daf, tamburo a cornice di grandi dimensioni, munito di più

                                             file di leggeri anelli d’ottone (zanjir), disposti nella parte    

                                             interna del cerchio, che, allo sfioramento della pelle, e al

                                             rimbalzo su di essa, contribuiscono alla sua ricchezza timbrica.

Viene tenuto parallelamente al corpo, in continuo movimento tra il petto e la testa, e suonato con entrambe le mani, che contemporaneamente lo tengono in equilibrio.










Il dayeréh, più piccolo del daf, possiede una sola fila

d’anelli che vibrano sottilmente senza toccare la pelle.

La tecnica usata è una via di mezzo tra quella del tombak

e quella del daf.







Il dohol è un tamburo a doppia membrana suonato

con due bacchette diverse. E’ diffuso in tutta l’area

d’influenza Ottomana, dal Marocco, all’India,

passando per i Balcani.













                      

 
  scarica il rider tecnicomusica_persiana_files/Nava%CC%80%20ensemble-rider.pdf

per ascoltare i brani dall’album Hilat pubblicato da Finisterre:

http://www.myspace.com/navairan

http://mymondomix.com/pejmantadayon/navaensemble

Navà ensemble e ospiti al Teatro Nuovo Colosseo, Roma  link al videohttp://www.e-theatre.it/play.php?vid=288

foto di Maurizio Malabruzzi

Hilat (P.Tadayon)